Chiesa di Sant'Agata

Nicolò Fiammetti

Pubblicato il Pubbl. il 05.01.2023

Brescia Permanente

Il pattern angelico nell’abside di Sant’Agata

Una restauro del 1963 ha rivelato nell’abside della chiesa di Sant’Agata una delle pitture murali più belle di Brescia. La schiera angelica attorno alla Crocefissione è un concerto di simmetrie e colori.

Crediti: www.museodiffusobrescia.org

Nel 1963, durante una campagna di restauro eseguita sugli affreschi cinquecenteschi di Pietro Marone nell’abside di Sant’Agata, un pezzo di intonaco, cadendo, rivelò una preesistenza più antica. Sotto l’affresco del Marone, infatti, venne scoperta un’altra pittura murale raffigurante il medesimo soggetto: una straordinaria Crocefissione realizzata nel 1474 da un anonimo maestro lombardo. Rimasta nascosta per 400 anni (Marone dipinge la sua Crocefissione verso la fine del Cinquecento, oscurando la preesistenza quattrocentesca fino ai più recenti anni Sessanta), la Crocefissione di ignoto Maestro lombardo si scopre essere una delle pitture parietali più belle di tutta Brescia.

 

La sua composizione è infatti sbalorditiva. Il Cristo, dalle braccia e gambe sottili, ha gli occhi completamente chiusi. La figura non eccede in manifestazioni di dolore, ma quasi lo neutralizza, con il suo aspetto grandioso, possente e composto. Il viso appare gentile e la barba morbida; i boccoli biondi che incorniciano il volto sembrano fare eco alle venature del legno della Croce, sinuose e ben marcate.

 

Al contrario, la tragicità della Passione di Cristo di riflesso viene ripresa dai volti degli angeli circostanti, che si apprestano a raccogliere in un calice il sangue sgorgante dal busto del redentore o a congiungere le mani in preghiera. Le loro espressioni scomposte sono valse all’ignoto artista quattrocentesco il soprannome di Maestro del Magone, sintagma coniato dallo storico dell’arte Gian Alberto dell’Acqua per sintetizzare la pena avvertita e manifestata dalla schiera di 16 angeli.

 

Le figure alate si dispongono nella lunetta situandosi in maniera simmetrica in ogni porzione di spazio occupabile, generando un vero e proprio pattern angelico talmente bello da rendere la decorazione la vera protagonista della parete. Le vesti degli angeli hanno dei colori che, per quanto oscurati dalla patina del tempo, risultano sapientemente orchestrati in un gioco di equilibri che è impossibile non definire vivace e, per certi versi, allegro). I gialli risuonano con i viola, i verdi si accordano con i rossi, le ali dell’uno dialogano con i drappi dell’altro e il senso di questa vorticosa e colorata pienezza allontana l’osservatore dal dolore della Passione, invitandolo a partecipare ad una festa che anticipa la Resurrezione.

Crediti: www.museodiffusobrescia.org

Ai piedi della Crocefissione quattrocentesca si presuppone fossero affrescati la Madonna con San Giovanni e molto probabilmente, la Maddalena, oggi completamente coperti da una Pala di Francesco Prata da Caravaggio del 1519.

 

Ma è proprio questa pala raffigurante la Crocefissione di Sant’Agata a sollevare ulteriori curiosità. Secondo la tradizione, infatti il martirio della Santa comportò la recisione dei suoi seni, qui raffigurati con dei tagli profondi al petto. La giovane fu inoltre sottoposta a molte altre prove: venne distesa su un cavalletto e flagellata, si lacerò il corpo con delle piaghe, incarcerata fu fatta rotolare su vasi e carboni ardenti.

 

Nessuna tradizione parla però di una sua crocefissione, il che ci porta a pensare che la scena raffigurata da Prata da Caravaggio nella chiesa bresciana sia il frutto di una scelta simbolica più che realistica, che puntasse al richiamo con il grande affresco sovrastante. L’insieme di questa commistione tra affreschi, pale e stucchi, stratificati nel tempo (come nello spazio) fa della chiesa di Sant’Agata una struttura coesa e coerente, spesso esclusa dai principali circuiti artistici della città ma sicuramente meritevole di una visita approfondita.