Brescia

Chiesa di Sant’Alessandro
Anna Lombardi
Pubblicato il Pubbl. il 13.10.2022
Brescia Permanente
Brescia conserva in una delle sue chiese un’opera nascosta in bella vista. L’Annunciazione di Jacopo Bellini è portatrice di un gusto antico, ma non tutto quello che vediamo viene direttamente dal ‘400. Interventi e restauri nel corso dei secoli hanno modificato indelebilmente quest’opera di sorprendente eleganza.
Entrando nella chiesa di Sant’Alessandro ci si può trovare a tu per tu con una tra le poche opere autografe di Jacopo Bellini, pittore veneziano quattrocentesco, passato alla storia per essere stato il padre e il maestro del famoso Gentile, dell’ancora più famoso Giovanni Bellini e il suocero di Andrea Mantegna.
Jacopo Bellini è legato a doppio filo alla città di Brescia perché il suo maestro Gentile da Fabriano venne chiamato all’inizio del ‘400 (1) a scuotere la realtà artistica sonnacchiosa e modesta della città dipingendo un caso molto noto nella storia dell’arte: un affresco straordinario di cui rimangono pochissimi brandelli. Può sembrare paradossale ma l’unico vero riflesso del passaggio bresciano di Gentile è visibile nell’Annunciazione del suo discepolo, che l’ha omaggiato (2).
La committenza chiese un’icona moderna della Madonna e Bellini dipinge (3) l’intimo tema dell’annuncio dell’angelo alla Vergine all’interno di un ambiente domestico. Vediamo la giovane inginocchiata di fronte ad un leggio intarsiato, con il capo chino e le braccia al petto in segno di umiltà. L’angelo, che nella sinistra tiene una palma, sta dialogando con lei, la sua bocca è socchiusa per pronunciare il saluto, che possiamo leggere nell’iscrizione autografa di Bellini, che con grande ingegno dispone le parole in ordine di arrivo alle orecchie della donna, plena gratia Ave (4). Completa l’opera la predella alla base, che presenta cinque storie mariane, qui Bellini realizza solo i volti, lasciando il resto ai collaboratori (5).
Tutto nella tavola racconta di una maturità raggiunta, dal rapporto razionale che le figure hanno con lo spazio, all’effetto prospettico delle mattonelle del pavimento ma soprattutto del soffitto ligneo a cassettoni. A questa sapiente gestione della stanza il pittore aggiunge la resa naturale, epidermica dei volti. L’attenzione ai dettagli è sorprendente: la preziosa raggera delle aureole che sembra un piatto d’oro cesellato a sbalzo, la minuziosa tramatura del tappeto anatolico ai piedi della Vergine e la cascata di piume, soffici e multicolori che animano la schiena dell’angelo. Il nostro sguardo è rapito e al contempo sazio dal bagliore e dalla preziosa bellezza della materia, questo gusto altisonante e misterioso che ci parla di Venezia, di Bisanzio, che proprio in quegli anni si andava esaurendo (6).
Osservando più a lungo l’opera ed entrando in connessione con essa la nostra percezione cambia, dopo la fascinazione degli ori e dei dettagli si avverte in senso di oppressione, come se la stanza fosse schiacciata e la scena mancante di un qualcosa. L’Annunciazione che vediamo oggi non è la stessa uscita dalla bottega veneziana del Bellini, l’opera ha subito diversi restauri che l’hanno modificata indelebilmente.
Crediti: Free Commons
La cornice in legno che la contiene è stata alterata nell’800, per sostenere le due pesanti lastre di cristallo poste a protezione, questo ha portato ad una riduzione della parte dipinta e alla perdita dell’armonia con l’andamento orizzontale della stanza, soffocandola (7).
Sempre nell’800 l’opera ha subito il restauro più invasivo la ridipintura di intere parti: nelle vesti dei due e nell’architettura alle spalle delle Vergine il restauratore è intervenuto di fantasia. Rispetto a quello che osserviamo dobbiamo immaginare delle vesti dorate, fittamente incise decorate a sbalzo, in tridimensionalità, dove l’oro brillante era impreziosito da dettagli tracciati con lacca rossa squillante, semi-trasparente. Non solo rosso, perché sul mantello della Vergine l’oro era anche coperto da lapislazzuli azzurro intenso. L’effetto luministico d’insieme doveva essere unico con giochi di trasparenza, traslucidi e preziosi grazie alla mescola dei colori (8) . Anche la parete dietro la Vergine era diversa, originariamente doveva esserci un sedile di marmo, con uno schienale a baldacchino, tutto l’opposto della semplice finestra che vediamo ora.
Queste perdite irreparabili hanno diminuito la possibilità di cogliere tutti gli elementi innovativi introdotti da Bellini, come l’uso straordinario della luce, la bellezza irraggiungibile dei due volti concentrati e la ricerca prospettica che mirava ad ampliare a dismisura lo spazio, tutto questo oggi lo si intuisce, lo si avverte, lo si può anche gustare con la consapevolezza, però, di essere di fronte ad un’opera depotenziata.
1. Pandolfo Malatesta, per dimostrare il proprio prestigio come signore di Brescia, chiama Gentile da Fabriano per dipingere tra il 1414 e il 1419 la cappella ducale in Broletto oggi scomparsa, di cui è anche incerta l’ubicazione. Non si hanno neppure indicazioni certe sul tipo di pitture e sui soggetti ritratti, si sa solo che doveva essere un capolavoro.
2. Laura Paola Gnaccolini, Presenze di rilievo a Brescia nella prima metà del Quattrocento: Gentile da Fabriano e Jacopo Bellini, in Lombardia gotica e tardogotica. Arte e architettura, pp. 271-72
3. L’Annunciazione è un’opera della maturità artistica di Bellini, pagata nel 1444, forse dipinta a Venezia poi trasportata via mare a Vicenza e da lì fino a Brescia.
4. Laura Paola Gnaccolini, “L’Annunciazione” di Jacopo Bellini in Sant’Alessandro a Brescia: considerazioni in margine a un restauro, in Vincenzo Foppa. Tecniche d’esecuzione, indagini e restauri, p. 70
5. Le storie sono la Natività, la Presentazione di Maria al tempio, la Visitazione, la Fondazione della basilica di santa maria maggiore e la Dormitio Virginis. La più insolita, perché soggetto rarissimo nel nord Italia è fondazione a Roma di santa maria maggiore da parte di Papa Libero durante la nevicata miracolosa del 5 agosto 352.
7. Laura Paola Gnaccolini, “L’Annunciazione” di Jacopo Bellini in Sant’Alessandro a Brescia: considerazioni in margine a un restauro, in Vincenzo Foppa. Tecniche d’esecuzione, indagini e restauri, p. 77
8. Idibem