Brescia

Cividate Camuno
Nicola Baroni
Pubblicato il Pubbl. il 14.11.2022
Brescia Permanente
Un saggio di Francesco Visentini svela il ritrovamento di componimenti poetici di un autore sconosciuto. Ma come può un poeta trecentesco conoscere Stalin?
Uno strano ritrovamento nell’archivio parrocchiale di Cividate Camuno: un piccolo opuscolo di pergamena infilato nel regesto dei morti del XIII secolo. Al suo interno componimenti in versi dal sapore stilnovistico di un autore sconosciuto, un “Anonimo Valgrignino”. L’autore della scoperta, Francesco Visentini, cerca nelle antologie e negli studi di poesia e storia locale ma non trova nulla. Quindi consulta critici e studiosi, analizza le poesie, tenta di penetrare il significato di quei versi allegorici e criptici, pieni di riferimenti che dovevano essere chiarissimi ai contemporanei dell’Anonimo ma che oggi sembrano indecifrabili.
I componimenti hanno uno stile a metà tra i sonetti comici toscani di Cecco Angiolieri, il Dante della Commedia e la lingua trecentesca imparata e parafrasata a scuola: sembrano destinati a entrare stabilmente nelle antologie di letteratura italiana. “L’Anonimo Valgrignino. Una fortuita scoperta negli archivi di valle Camonica” (GAM editrice) è un agile saggio che al racconto e alla descrizione del ritrovamento fa seguire la trascrizione dei testi poetici, commentati, annotati e parafrasati da Visentini e dagli studiosi da lui interrogati. Peccato che sia tutto finto.
Un falso letterario corredato da una bizzarra ma fedelissima analisi critica, svolta con il supporto di una puntuale (e sempre inventata) bibliografia antica e moderna. Da quando è uscito il libro, diversi lettori hanno creduto a ogni parola. Eppure, scrive nella postfazione Gianfranco Bondioni – che al contrario di tutti gli altri suoi colleghi interpellati da Visentini esiste davvero e è un riconosciuto dantista – “Nessuno che abbia iniziato a leggere anche solo l’introduzione al breve scritto di Visentini può pensare di trovarsi davanti all’ennesimo libro di storia patria”.
Gli indizi di contraffazione, infatti, sono ovunque: lingua arcaica raffazzonata, metrica sgangherata, docenti e poeti citati inventati di sana pianta. E poi le perle, come il rimpianto per i tempi di Bonifacio VIII, in bilico tra nostalgia per Mussolini e Stalin (Sento più spesso d’un motto corrente: / «Quand’era lui a sommo ‘mperadore!» / io ne risponno a tutta esta zente: / «Adda venì Baffone!»). Oppure i riferimenti alla Statua di Cristo Re di Bienno, realizzata da Timoteo Bortolotti nel 1931: “commovonsi le viscere all’esteta / a tanto brillar di cristiana figura”. Prender per vero L’Anonimo sarebbe come trovare un’anfora di plastica con decorazioni greche e convincersi di dover retrodatare l’invenzione dei polimeri sintetici.
Immagine realizzata con intelligenza artificiale A Raffaello-style oil painting of Petrarca with smartphone
Il problema è la cieca fiducia in tutto ciò che troviamo scritto – che sia un libro o un blog anonimo. L’Anonimo Valgrignino è un divertissement critico-letterario che gioca con la nostra ostinata tendenza a preferire, alla realtà, le sue più convincenti interpretazioni. Convincenti non perché verificate o autorevoli, ma in quanto supportate da un adeguato storytelling.
L’ispirazione di Visentini, che è uno scultore diplomato in Scultura Pubblica Monumentale, va cercata in altri ambiti che non la letteratura. L’Anonimo ricorda le teste false di Modigliani affondate in un canale di Livorno da tre giovani nell’estate 1984: la critica d’arte fu concorde nel considerarle autentiche. Ma dietro ci sono anche dadaismo e patafisica, cioè la “scienza delle soluzioni immaginarie”, la logica dell’assurdo inventata dallo scrittore Alfred Jarry e declinata in arte in Italia da Enrico Baj.
Sotto l’ironia è facile scorgere la parodia dell’onanismo accademico, gli strali polemici verso la mentalità della valle, gli attacchi puntuali ad amministratori e personalità pubbliche. Tutto in endecasillabi: un tempo mezzo di diffusione popolare, oggi garanzia di illeggibilità. «Per fortuna nessuno in valle ha davvero letto, o capito, L’Anonimo», conferma Visentini, «e ciò è dimostrato dal fatto che ancora non mi hanno cacciato da Bienno, né ho ricevuto querele». Come scrive Bondioni nella postfazione: “Da qualche parte, nell’animale più incredibile o nel libro più improbabile, c’è sicuramente un senso, ma non è detto che quello che trovi tu sia lo stesso che trovo io, e che magari uno di essi coincida con quello dell’autore, se ce l’ha messo”.