Museo Diocesano di Brescia

The Address
Davide Paoletti
Pubblicato il Pubbl. il 03.11.2022
Brescia Temporanea
Oliviero Fiorenzi nella sua prima personale carica il gioco dell’aquilone di significati e idee che intaccano chiunque, tranne il motore poetico dietro la ricerca artistica: il vento. Alla The Address Gallery l’imprevedibile variabilità degli eventi atmosferici tratteggia nel cielo gli stati d’animo umani.
Fino al 12 novembre
Far volare un aquilone, per un adulto, significa ritornare alla spensieratezza dell’infanzia. Quel periodo circoscritto della vita in cui si caricano le esperienze di influssi simbolici tanto significativi da diventare permanentemente parte della propria immaginazione. Gli occhi del fanciullo scoprono nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose attraverso istintive suggestioni. Per Oliviero Fiorenzi, classe ’92, giocare è un modo per esplorare il mondo. Per un’artista che ha sempre posto al centro della sua ricerca i fenomeni atmosferici in quanto attivatori di meccanismi poetici, quest’ultima personale in mostra alla The Address Gallery di Brescia è in primis un’indagine sul tema dell’attivazione dello spazio attraverso le dinamiche proprie dell’elemento.
Otto Cieli è il racconto di otto aquiloni, dei loro volteggi nell’aria e dei paesaggi che creano collaborando col vento. Ognuno di questi reca un’immagine colorata sulla sua superficie che rimanda a un tema specifico secondo l’alfabeto simbolico dell’artista. Le immagini che compongono il nostro universo figurativo non chiedono il permesso prima di entrarvi a far parte. Sono accatastate nella nostra memoria da quando facciamo esperienza del mondo durante l’infanzia; ciò che abbiamo visto, talvolta studiato, che si amalgama con ciò che viene spontaneo provare secondo la più istintiva delle convenzioni.
Così si lega automaticamente il sentimento della Passione, il settimo aquilone, con un fiore, forse residuo della Pascoliana digitale purpurea, il cui contatto sarebbe stato in grado di risvegliare l’impeto di passione e trasgressione. Ma il complesso apparato scenico figurativo è in continuo aggiornamento secondo un movimento disuniforme e non replicabile simile a quello che compiono gli stessi aquiloni sollecitati dal vento. La comune e umana necessità di trovare una spiegazione davanti alle opere di arte contemporanea, fruendo della mostra, lascia presto il posto allo stupore proprio del poeta fanciullino legato alla scoperta
Crediti: Ph. Matteo Natalucci
Ogni aquilone, data la sua forma, si muove in maniera differente rispetto a quello allestito nella parete accanto. Sarebbe utopistico e senz’altro irrealistico pensare che l’immagine che reca sulla superficie influenzi il suo moto aereo, ma è la stessa vecchia storia della luna e il dito che la indica. In un qualche modo, la distanza si fa da parte e dall’indice parte un immaginifico tratto che raggiunge il satellite.
Allo stesso modo possiamo delineare fili, oltre a quello fisico che lega l’aquilone stesso a chi lo regge, che collegano corrispondenze di significati tra il movimento che il vento disegna con l’aquilone e il paesaggio umorale. La malinconia scaturita nel vedere gli aquiloni immobili, inchiodati al muro, lascia posto allo stupore: Il cortometraggio finale li mostra volteggiare in maniera differente, negli otto cieli diversi in cui ognuno si muove secondo le regole del vento. Si riappropriano così della loro identità, della primaria funzione per cui sono stati creati e ritornano a giocare liberi, nell’aria.