Museo Diocesano di Brescia

INLIMBO c/o via Marsala 15 - Brescia
Redazione
Pubblicato il Pubbl. il 22.05.2023
Brescia Temporanea
“Quotidiana” è una mostra personale dell’artista bresciano Paolo Petrò, composta da circa 50 dipinti, tra cui molti inediti, allestita in un ambiente domestico, la casa del figlio Alberto. Da qui il titolo della mostra. “Quotidiana” infatti evoca la sfida giornaliera dell’artista che affronta la sua tela, ed evoca anche il campo di battaglia, ovvero la casa, con i suoi oggetti, specchi, affetti che si traducono in colore. “Quotidiana” diventa l’unità di misura per un confronto costante con se stesso.
Venerdì 26 maggio dalle 18:30 alle 21:00 (Inaugurazione)
Sabato 27 maggio dalle 16:00 alle 20:00
Domenica 28 maggio dalle 16:00 alle 20:00
Il fatto che un figlio trasformi la propria abitazione in galleria d’arte e la metta a disposizione del padre per una mostra personale è fatto di per sé inconsueto se non eccentrico. Non è la prima volta, a dire il vero, che Alberto Petrò apre la casa di via Marsala alle espressioni artistiche altrui, lui che milita in prima persona nei ranghi della foto d’arte. Del resto muri che hanno visto i momenti più intimi di Arturo Benedetti Michelangeli, pavimenti che dal sommo pianista sono stati calcati, soffitti che hanno risuonato delle sue note, qualcosa di fatale devono avere in fatto di vocazione artistica, almeno per chi crede che le case hanno un’anima e – spesso – un destino.
Ma la singolarità, in questo caso, sta proprio nel legame figlio/padre: quanti figli accoglierebbero, moltiplicato più e più volte, l’autoritratto paterno che li scruta nei momenti più riservati? Quanti figli amerebbero svegliarsi circondati da nudi sapendo che il ritrattista è il padre e la ritratta – in carne e ossa o idealmente – la sposa/madre? Quanti figli sognano di sorbire il caffè alla mattina avendo le nature morte paterne che lo scrutano e gli strizzano l’occhio?
Eppure a casa di Petrò (Alberto) tutto questo assume una sua naturalezza, forse perché a casa di Petrò (Paolo) l’arte è stata discussa, celebrata, studiata, praticata da sempre. Una mostra domestica come questa assume così i connotati della complicità familiare, della riconoscenza sussurrata, della consonanza ammiccata. E poi, nel dialogo contenuto-contenitore, e nella solidarietà che fra essi si stabilisce, qui conta la qualità delle opere esposte, la loro natura e il loro genere. Tutte opere i cui soggetti curiosamente potrebbero iniziare con il monosillabo “in”.
Nella zona studio che normalmente Alberto utilizza come sala-posa ci sono gli autoritratti paterni. È come se il genitore si fosse messo in posa non davanti alla macchina fotografica ma al cavalletto, e avesse messo in scena lo sguardo dell’in-trospezione. Perché Paolo Petrò ama ritrarsi continuamente, con sguardi beffardi e pose ironiche, in forma realistica o deformata, in età mutevole e diverse condizioni? Se glie lo chiedete, vi dirà candidamente che per lui è un bell’esercizio. Ma soprattutto lo fa per guardarsi dentro, misurare cambiamenti millimetrici, prendersi in giro e sorprendere, studiare smorfie e mettere alla prova ogni volta la tecnica e la capacità di auto-lettura.
In camera da letto finiscono fatalmente i nudi. Nudi femminili. Carni abbaglianti che emergono da sfondi oscuri, arredamenti accennati, penombre gravide di promesse. Ora, a seconda delle età e degli ormoni dell’osservatore, questi corpi potranno apparire ardenti nell’attesa, o molli e sazi nell’appagamento, ma è certo che essi ci socchiudono una in-timità carica di bisbigli, di silenzi, di sospiri. In cucina e negli altri spazi ci sono le nature morte. In esse Petrò predilige l’oggetto singolo, la composizione scabra, la manciata di legni e foglie strappata a caso: sono soggetti che si impongono come enigma, interrogativo, oggetto celibe e vagamente icongruo.
Spesso lo zoom si allarga a una mezza scena, a scorci familiari, a squarci di in-teriors che emergono ancora una volta dalla penombra dettata dalla tavolozza, dagli umori dell’artista o dalle carte stampate che talvolta accolgono il gesto pittorico di Petrò. Introspezione, intimità, interni: tre parole/programma che assumono un senso più chiaro per chi conosce la casa-studio di Petrò a Camignone. Una casa-labirinto, piena di sorprese e ricordi, affacciata su uno splendido cortile, dove ogni spazio (l’ex porcilaia e il sottotetto, l’ex fienile e la mansarda) è luogo creativo. Non credo che Paolo potrebbe creare altrove e altrimenti che qui, in questa cerchia fisica e affettiva, accogliente e protettiva, dove le sue in-tuizioni artistiche si accendono e acquietano con il ritmo rassicurante del respiro, cioè della vita.
Testo di Massimo Tedeschi presidente dell’AAB