Apalazzo Gallery
Davide Paoletti
Pubblicato il Pubbl. il 25.03.2023
Intervista
Intervista a Lucia Pescador
Abbiamo incontrato la protagonista della mostra in corso da APALAZZOGALLERY Lucia Pescador per parlare della sua ultima personale, dell’impronta artistica che lascia sugli oggetti che decide di collezionare e di come questi si inseriscono nei suoi grandi “inventari”.

Ritratto di Lucia Pescador
L’opera di Lucia Pescador (Voghera, 1943) è innanzitutto un lavoro conservativo-archivistico dei frammenti della cultura novecentesca. Decorando una vastissima varietà di supporti che recupera dai mercatini, strappa oggetti destinati a scomparire dalla loro dimensione quotidiana per fissarli in quella dell’arte, immortale. Questi, da qualche decennio, vanno a confluire nel grande Inventario di fine secolo, il ciclo di ricerca che ospita le serie di lavori che l’artista realizza.

@melaniadallegrave @dsl__studio
LP: Ho cominciato a lavorare all’inventario negli anni ’90, anche prima facevo un lavoro simile, ma non si chiamava così. Era semplicemente l’inventario di fine secolo, poi quando il secolo è finito ho dovuto chiamarlo del Novecento. Ormai qui, nel nuovo secolo, sono ospite.
LP: Se scompare, scompare. Non ho mai tenuto conto dei colori e di quanto dureranno, né se le vecchie carte su cui disegno si polverizzeranno. Io modifico gli oggetti e metto lì, appendo al muro come un album di figurine. Mi piace vedere le cose vicine nelle loro varie varianti, le ripeto e poi c’è un punto in cui basta. Sono gli oggetti a chiamare me, quando la chiamata finisce mi fermo, perché non verrebbero più bene. Quando mi chiedono se posso rifare ancora un soggetto già eseguito in passato vorrei rispondere di no, perché non è così facile. Un po’ non voglio, perché farei fatica senza richiamo, un po’ perché mi piace cambiare tema, sono curiosa.

Photo by @melaniadallegrave @dsl__studio
LP: Questo è stato un guaio perché, fino a quando non ho dipinto i vasi, la gente non sapeva mai cosa io dipingessi. Poi un giorno i vasi mi hanno detto “noi ti diamo da mangiare e ti facciamo riconoscere”. Allora ho detto “va bene, continuerò a dipingervi cambiando colori e forme”. In un certo senso i vasi mi hanno aiutata, dall’altro mi sono stufata a morte di dipingerli. Un tema semplice, molto antico, che però mi sembrava noioso.
LP: Io raccolgo i relitti di un’epoca; è un lavoro di pietas: pietoso non suona così bene, ma pietas sì.

Casa di Lucia Pescador. Foto di Davide Paoletti
LP: Sì, hai visto la mia casa? Verranno quelli degli sgomberi e poi li porteranno ai mercati dove li ho comprati e lì ritorneranno. Mi ha sempre rassicurato la ciclicità delle cose.
LP: La realtà modifica, loro vengono smembrate e vanno a crearsi nuove relazioni che io non avrei mai immaginato.
LP: L’Africa non la conosco, ma una mia amica è una famosa studiosa dei Lobi, una popolazione africana che realizza sculture, e dovevamo fare un libro con i miei disegni di quelle sculture. Il progetto non si è fatto, ma io sono rimasta talmente affascinata che ho continuato a interessarmene.
LP: Io sono un asino, non capisco nulla e quello che conosco lo so attraverso i libri, l’oggetto è quello che mi ha attirato di più. Non sono una viaggiatrice, ma come Salgari parto dai libri, e poi sono soprattutto gli oggetti a parlarmi. Qualche volta, dopo aver fatto i lavori, mi capita di visitare i posti di viaggiare in quei luoghi. In fondo sono come un cantastorie, magari ti piace il modo in cui te le dico ma la storia non è la mia.

Photo by @melaniadallegrave @dsl__studio
LP: A casa analizzo gli oggetti singolarmente, mi serve per capire cosa portare in mostra. Li fotografo, raccolgo tutto e poi li monto nelle composizioni. Magari fatto lì al momento [in galleria] può venire una cosa interessante, ma non posso averne certezza. A casa se una cosa non va bene trovo subito qualcos’altro, ma se sono già fuori, dove vado? Continuo ad andare avanti e indietro con la roba e diventa complicato.
LP: Durante la pandemia ho fatto tanti lavori sulle pagine di libri, poi ho usato le loro copertine. Questi sono i vasi in tempo di virus. Ho sempre passato il tempo ad andare in giro a comprare cose balorde, inutili e vecchie per gli altri, che però a me piacevano. Erano libri che avevo in casa da tanto tempo, di cui mi sarei dovuta sbarazzare, ma sono diventati i supporti dei lavori. Io sono un topo da mercatino e nel tempo ho capito che se nell’arte metti ciò che ti piace è tutto un vantaggio.